Abitudini sbagliate o c’è dell’altro?
L’obesità rappresenta la più grave e diffusa “malattia del benessere” della società moderna occidentale, a confermarlo sono i numeri: si stima che negli Stati Uniti circa il 30% della popolazione sia obesa, e il 35% in sovrappeso, con percentuali in aumento anche in Europa. Data l’importanza medica e sociale della questione, è bene chiarire alcuni meccanismi che inducono allo stato patologico del sovrappeso.
Un aumento così drammatico delle persone in sovrappeso o obese è sicuramente correlato ad abitudini di vita sbagliate, come l’assunzione (sotto forma di alimenti) di una quantità di calorie superiore rispetto a quella bruciata con l’attività fisica, e in questo caso parliamo di “obesità primaria“. Tuttavia nell’ “obesità secondaria“, la condizione di obesità è collegabile ad alterazioni genetiche o metaboliche come ipotiroidismo (mancata secrezione di ormoni tiroidei) o ipogonadismo (che coinvolge la secrezione di ormoni sessuali – testosterone e androgeni – da parte delle gonadi).

La Leptina in laboratorio
Solo recentemente si è scoperto il ruolo endocrino del tessuto adiposo, i cui ormoni esercitano un’azione paracrina (sulle cellule vicine), autocrina (su se stesse), ed endocrina (su altri distretti corporali). Il principale di questi ormoni è la Leptina. Secreta dal tessuto adiposo bianco (non in maniera esclusiva, infatti è sintetizzata anche dalla placenta, dai muscoli scheletrici e dalla mucosa del tratto gastro-intestinale) fa parte della famiglia delle adipochine, considerate il mezzo principale attraverso cui le cellule adipose comunicano con il resto dell’organismo. Il ruolo principale dell’ormone è proprio la trasmissione di segnali, attraverso connessioni neuronali con centri ipotalamici (dell’ipotalamo, struttra del sistema nervoso sita nel diencefalo), del senso di sazietà al cervello.

Studiata più volte, è definita come prodotto del gene OB (sito sul 7° cromosoma) in topi di laboratorio sottoposti a differenti cicli di sperimentazione. Le cavie che possedevano il gene difettoso (mutato) mostravano comportamento e aspetto tipici di animali tenuti a digiuno permanente: in essi non avveniva omeostasi termica (non erano capaci di regolare la propria temperatura corporea in relazione a quella esterna), la loro crescita era alterata, e il loro appetito incontenibile. Come conseguenza i topi divenivano obesi (triplicando addirittura il loro peso corporeo rispetto a quello di un topo che non presentava mutazioni del gene OB). Conseguenze di rilevanza maggiore sono state studiate considerando mutazioni del recettore della Leptina (LEPR) piuttosto che dell’ormone stesso.

Le conclusioni
Per quanto estremamente rare, le varie tipologie di mutazioni relative alla Leptina o al suo recettore, hanno permesso di evidenziare il ruolo chiave di questo ormone nella regolazione del “Food-intake” (letteralmente, l’assunzione di cibo), dunque una sua implicazione nella diagnosi di obesità patologica. Gli studi hanno aperto la strada ad un’identificazione di patologie secondarie quali ritardo puberale e ipogonadismo. Anche le principali diete sfruttano il meccanismo di gestione dei livelli di Leptina, facendo leva proprio sulla sua funzione di regolazione generale del sistema endocrino, garantendo il corretto funzionamento delle ghiandole del nostro corpo.
Umberto Raiola