Logica vs magia: fisse, manie e ossessioni secondo Sheldon Cooper

Ognuno di noi ha delle piccole manie che mette in pratica tutti i giorni: quando andiamo a dormire, prima di un esame, di un concerto o di una conferenza davanti a tante persone. Non si tratta di disturbo ossessivo compulsivo, ma di “rituali” quotidiani che, nella nostra mente, servono a mantenere una sorta di equilibrio immaginario, fondamentale per il raggiungimento di un obiettivo.

Le piccole ossessioni di tutti i giorni, igorvitale.org

La magia nei bambini

La nostra vita è fatta di azioni o meglio di tanti piccoli gesti che diventano simbolici nel momento in cui vengono ripetuti giorno dopo giorno.
Sin da piccoli, impariamo che i gesti sono importanti tanto quanto le parole, i nomi e le immagini. Si forma così quello che Piaget definisce “pensiero magico”, un tipo di processo cognitivo basato sull’idea di poter influenzare la realtà attraverso i propri pensieri e desideri.

Inizialmente il bambino comincia a compiere azioni che non hanno nulla di “magico”, sono solo atti di protezione spesso contro ladri o mostri, come rimboccarsi le coperte fino alla testa per paura che ci sia qualcuno nascosto sotto il letto. Ripetendosi, questi gesti perdono di razionalità e diventano rituali: non è più per paura che li si mette in atto, ma perché sarebbe poco prudente non farlo. Vien da sé che questi “riti propiziatori” servano a controllare la realtà, a infondere sicurezza nel bambino.

Il pensiero logico, tipico dell’età adulta, però, spesso viene sopraffatto da quello ritualistico. Restano così tracce di quegli stessi atteggiamenti “magici” che si riscontrano nel bambino. Nonostante, crescendo, si capisca che si tratta solo di superstizioni, permane in noi la sensazione – e per certi versi la convinzione – che siano proprio le nostre piccole “fisse” a propiziare la buona riuscita di determinati eventi, affinché l’equilibrio delle cose non sia turbato.

Jean Piaget, psinfantile.com

Tu chiamale se vuoi ossessioni

Un paradosso che non solo ritroviamo nella vita di tutti i giorni, ma che ha ispirato la caratterizzazioni di tantissimi personaggi immaginari, uno su tutti Sheldon Cooper.
Se non avete vissuto in una caverna negli ultimi 10 anni, saprete che Sheldon è uno dei protagonisti della pluripremiata serie tv The Big Bang Theory. Bambino prodigio che a 16 anni già aveva ottenuto un dottorato di ricerca, diventato poi un grande fisico teorico.
La particolarità di Sheldon non è solo la sua intelligenza ma soprattutto il suo carattere rigido, metodico all’eccesso e dalle caratteristiche tipicamente infantili. È una persona estremamente abitudinaria e tiene organizzata la sua vita nei minimi particolari, all’interno di routine molto schematizzate, che impone anche ai suoi amici e al suo coinquilino Leonard. Sheldon tende così a ingigantire ogni variazione indesiderata di questa routine, con la convinzione che solo la sua ferrea logica può salvarlo dal caos.
Ciò che lui chiama logica, però, non è altro che un residuo di quel “pensiero magico” sopracitato, tipico dei bambini. Tutte le sue “fisse” – il posto fisso sul divano scelto in base alla luce, alla temperatura e all’angolazione perfetta per guardare la TV, l’andare in bagno in momenti programmati, il famosissimo “Penny *knock knock knock*” – tradiscono il fatto che Sheldon in realtà è un bambinone che ha bisogno di creare e gestire la sua comfort zone per sentirsi protetto e al sicuro.

Se anche voi, guardando The Big Bang Theory, vi siete ritrovati nelle stesse manie del dottor Cooper, è tutto normale: sono solo le ultime scintille del vostro bambino interiore.