“L’ho fatto perché me l’hanno ordinato”: L’obbedienza secondo Milgram

L’esperimento di Milgram è passato alla storia della psicologia sociale, e non solo. Lo psicologo statunitense dimostrò come la sottomissione all’autorità portasse la gente comune a compiere atti deplorevoli, dal momento che la responsabilità non viene percepita come propria, ma viene diffusa.

Il ruolo dell'obbedienza nell'esperimento di Milgram
L’esperimento di Milgram, pur mettendo alla prova i soggetti sperimentali, dimostrò l’incapacità a fermarsi quando una figura autoritaria ci ordina di compiere atti deplorevoli

Stanley Milgram, nel 1961, pubblica su un giornale americano un inserto. Sta cercando dei volontari per un esperimento sulle dinamiche di apprendimento, o, per meglio dire, questo è quello che annuncia. I soggetti sperimentali che Milgram sceglie sono americani, maschi, tra i 20 e i 50 anni, di varia estrazione sociale. Procede quindi a imbastire l’esperimento: ai volontari viene spiegato che dovranno fare in modo che un allievo memorizzi una lista di item, e che ad ogni errore avrebbero dovuto somministrare una scossa elettrica. Le scosse sarebbero state di intensità mano a mano crescente, partendo da 15 Volt e proseguendo di 15 V in 15 V fino a 450V. Ben più che letale, quindi. Quello che i soggetti sperimentali non potevano sapere era che era tutto una messinscena. Il vero obiettivo di Milgram era studiare le dinamiche di obbedienza di fronte a una figura autoritaria, in questo caso lo scienziato nel suo camice bianco. L’esperimento si tenne 3 mesi dopo il processo di Gerusalemme contro Eichmann, e obbiettivo dello sperimentatore era studiare e verificare quanto in là si sarebbero spinti i volontari, se veramente sarebbero arrivati a rischiare di uccidere un loro presunto collega.

La struttura dell’esperimento e le previsioni di Milgram e collaboratori

All’insegnante, ovvero al soggetto sperimentale, gli sperimentatori spiegarono come procedere nel compito di memorizzazione. Nel caso dovesse somministrare una scossa in seguito a un errore, avrebbero avuto davanti 30 leve in linea, sotto le quali era indicata l’intensità del voltaggio. Erano anche divise secondo diverse diciture: scossa lieve, scossa media, forte… fino alla dicitura XXX, corrispondente al massimo. Milgram chiese all’attore che interpretava il ruolo del discente di incominciare a supplicare di uscire quando le scosse fossero arrivate a 120V, di urlare che il dolore fosse insopportabile a 180V, rantolare oltre i 220V e cessare di dare ogni tipo di risposta oltre i 320V. Lo sperimentatore intanto doveva continuare a esortare il soggetto sperimentale a continuare senza remore. Le previsioni erano molto ottimiste: si stimò che solo il 4% dei soggetti sperimentali avrebbero superato i 300V e solo lo 0,1% sarebbe arrivato a somministrare 450V. Peccato che si sbagliassero.

Il procedere dell’esperimento: l’obbedienza cieca

All’inizio dell’esperimento ai soggetti sperimentali venne somministrata una scossa di 45V, così che pensassero che tutto fosse reale e per dare loro un’idea di che cosa avrebbe provato l’allievo. Dopodiché però gli elettrodi venivano disattivati, lasciando tutto alle capacità attoriali del collaboratore degli sperimentatori. Alla fine, più dei 2/3 dei 40 soggetti sperimentali arrivarono fino alla fine, somministrando 450V al povero discente. Nonostante le proteste dell’attore, gli evidenti segni di sofferenza e il rischio di omicidio. I soggetti provarono a protestare debolmente (come si può vedere nel video soprastante), ma alla fine si piegavano al volere dello scienziato. I risultati portarono a delle conclusioni inquietanti: gente comune sembrava essere disposta a violare il proprio codice etico e morale quando qualcuno glielo ordinava, quasi senza remore.

Le conclusioni di Milgram

Milgram si ritrovò quindi a cercare delle spiegazioni per un fenomeno preoccupante. La principale spiegazione del livello straordinario di obbedienza riscontrato nel corso dell’esperimento risiede nel rapporto dei soggetti con l’autorità. La figura autoritaria veniva qui considerata legittima: la relazione tra sottoposto e superiore era condivisa, consenziente e legittima in quella particolare situazione, nell’hic et nunc. 

Il ruolo dell'obbedienza nell'esperimento di Milgram
La presenza di una figura autoritaria diffonde la responsabilità: il sottoposto ignora il proprio insieme di valori, divenendo un mero strumento nelle mani di altri

L’autorità aveva portato anche uno stato eteronomico, in cui l’individuo non si riconosce più come artefice e responsabile delle proprie azioni, ma come semplice strumento nelle mani dello scienziato, o, in altri contesti, della figura autoritaria di riferimento.

Varianti dell’esperimento

Lo stesso Milgram propose diverse situazioni sperimentali. Modificò le distanze tra soggetto sperimentale e allievo, o soggetto e insegnante. Propose quattro diverse condizioni. Nella prima il soggetto non poteva vedere né sentire la vittima, e questo portò a un livello di obbedienza del 65%. Nel caso potessero sentire solo i lamenti dell’allievo, il grado di obbedienza scese al 62,5%. Quando gli insegnati potevano vedere e sentire l’attore, il grado di obbedienza scendeva al 40%. In un’ultima situazione sperimentale, al momento della somministrazione della scossa i soggetti sperimentali dovevano personalmente porre la mano dell’allievo su una piastra elettrica, facendo così crollare il livello di obbedienza al 30% (comunque molto elevato, a ben pensarci). In seguito gli studi proseguirono, andando a modificare anche l’aspetto fisico dello scienziato o il luogo dell’esperimento. Quanto minore era l’autorità manifesta dello scienziato tanto più il grado di obbedienza si abbassava. Lo stesso vale per il degrado dell’edificio in cui veniva condotto l’esperimento.

L’eredità lasciata da Milgram

Conclusioni di Milgram
La mera obbedienza a una figura autoritaria sembra annichilire la nostra personalità, e allo stesso tempo, essere inevitabile. Come rimediare?

Il lavoro di Milgram ebbe un enorme impatto sulla società, e in particolare sulla psicologia sociale. Molti psicologi si ispirarono al suo esperimento (tra questi anche Zimbardo) per studiare gli effetti che il potere esercita sulle persone. Oltre a essere uno degli esperimenti che portarono alla creazione di un regolamento e di un codice etico e deontologico per gli psicologi, questi risultati mettono fortemente in dubbio la nostra forza e la nostra personalità. Il potere corrompe l’animo umano, questo è noto da tempo. Ma è possibile che anche le relazioni con figure di potere ci privino parzialmente di libertà di pensiero e azione? Come vedere, allora, le forze dell’ordine, o l’esercito, dove ogni soldato si considera largamente inferiore al proprio superiore, mero strumento nelle sue mani? La risposta, ancora una volta, sta nella conoscenza e nella consapevolezza: essere consci di questi meccanismi rappresenta il primo strumento di difesa contro questi stessi. Lo studio della psicologia deve servire anche a questo: svelare i lati più oscuri della psiche umana, i meccanismi più abbietti, così da poterli padroneggiare e portare alla massimizzazione del nostro potenziale umano.

 

Matteo Sesia