La proposta della Commissione Europea
In questi ultimi giorni, la Commissione Europea ha comunicato la proposta di abolizione del cambio dell’ora, in base ai risultati del voto di 4,6 milioni di persone. Saranno gli Stati membri a decidere quale orario mantenere.
I benefici e i costi di questa strategia dipendono però dalla localizzazione geografica del paese. Nei paesi del nord, infatti, sono penalizzati in quanto hanno estati caratterizzate da sere molto lunghe (per esempio, in estate, a Helsinki, il sole sorge prima delle 4 e tramonta alle quasi alle 23). Paesi come l’Italia, invece, per la loro localizzazione non soffrono di giornate dalla durata “estrema”, e mantenere un’ora in più di sera aiuterebbe a ritardare l’arrivo del tramonto, angoscioso per la maggior parte delle persone, in autunno e inverno.
L’impatto del cambio su mente e corpo
Dalla proposta della Commissione alla psicosi di massa il passo è breve. Quali sarebbero le conseguenze? Avere più (o meno) luce fa bene alla salute psicofisica? In realtà i dati della letteratura scientifica a riguardo offrono scenari contraddittori.
È risaputo che la deprivazione di sonno è correlata a conseguenze anche molto gravi. Episodi come l’incidente del 1986 alla centrale di Chernobyl sono attribuiti proprio a questo, così come buona parte degli incidenti stradali. Problematiche cardiovascolari, diabete, ictus, sono altre possibili conseguenze associate a una scarsa igiene del sonno. Secondo alcuni studi¹ per esempio, il giorno successivo al cambio dell’ora, in primavera, si assisterebbe al massimo incremento di infarto del miocardio. Fortunatamente, però, l’incidenza sarebbe davvero modesta.
Le alterazioni nel ciclo sonno-veglia prodotte da uno sfasamento nei ritmi circadiani sono comunemente associate a disforia (umore depresso e irritabilità) e funzionamento quotidiano scarso. Tali alterazioni sono però attribuibili più ai cambiamenti stagionali, correlati con una diversa intensità e durata della radiazione solare, che al cambio dell’ora.
In uno studio² del comitato scientifico del Parlamento tedesco, si ribadisce come la letteratura scientifica suggerisca che “i ritmi biologici degli esseri umani non riescono ad adattarsi al cambiamento dell’ora come ci si aspettava in passato”. Ciò nonostante, si fa notare come l’impatto negativo sui ritmi biologici dovuto al cambio dell’ora rimanga ancora non chiaro, e il grado di disturbo risulterebbe essere troppo basso per poter arrivare a concludere che ci possano essere danni per la salute, sul lungo termine.
Le conseguenze più verosimili
Condurre uno studio in grado di svelare tutti gli effettivi costi e benefici derivanti dall’abolizione del cambio dell’ora è pressoché impossibile. L’incoerenza tra i vari studi è comprensibile, dato che l’alto numero di fattori in ballo impedisce di poter trovare i veri nessi causali (età, sesso, posizione geografica, familiarità con patologie, ecc., sono tutti fattori che influenzano i risultati e richiederebbero ulteriori ricerche, prima di giungere a conclusioni.)
L’ipotesi più verosimile è che non ci siano conseguenze gravi, sul lungo termine, e la spiegazione è semplice: gli esseri umani si adattano. In Antartide³, per esempio, i cambiamenti d’umore durante l’inverno australe vengono preceduti da cambiamenti nel sonno, ma l’esposizione prolungata alla foto-periodicità delle alte latitudini sarebbe associata a un miglioramento nel sonno stesso.
L’ossessione per il riposo notturno, d’altronde, sembra essere tutta occidentale (e moderna). Uno studio4 pubblicato l’anno scorso ha gettato maggior luce su quelle che dovevano essere le abitudini dei nostri avi. La popolazione Hadza della Tanzania, di cacciatori-raccoglitori, mostra abitudini notturne che farebbero rabbrividire l’uomo di città: ogni membro della comunità infatti va a letto e si alza in orari differenti rispetto agli altri di sesso o età diversi, garantendo così una rotazione che garantisce la protezione da pericoli esterni, e circa un terzo del gruppo rimaneva vigile durante diversi momenti della notte. Un mondo diverso dal nostro, ossessionato dalle 8 ore di sonno ininterrotto.
Se la nostra specie è riuscita a farcela fino a questo momento, è anche grazie a queste abitudini, che il mondo moderno ci ha fatto dimenticare.
Fonti:
¹ Jiddou, M. R., Pica, M., Boura, J., Qu, L., & Franklin, B. A. (2013). Incidence of myocardial infarction with shifts to and from daylight savings time. The American journal of cardiology, 111(5), 631-635.
² http://www.tab-beim-bundestag.de/en/pdf/publications/tab-fokus/TAB-Fokus-008.pdf
³ Palinkas, L. A., Houseal, M., & Miller, C. (2000). Sleep and mood during a winter in Antarctica. International journal of circumpolar health, 59(1), 63-73.
4 Samson, D. R., Crittenden, A. N., Mabulla, I. A., & Mabulla, A. Z. (2017). The evolution of human sleep: Technological and cultural innovation associated with sleep-wake regulation among Hadza hunter-gatherers. Journal of human evolution, 113, 91-102.